ANNI DAL 432 al 530 SISTO III, romano (432-440) Presule di matrice romana, fu eletto al soglio pontificio il 31 luglio del 432. Il suo papato fu ricordato per due questioni, fondamentali per l’epoca cristiana e per il tramonto dell’Impero Romano d’ occidente. La prima, per essere riuscito ad imporre le conclusioni del Concilio di Efeso con la ricomposizione, in seno a Santa Romana Chiesa dei dissapori e delle filosofie teologali (mai per altro dichiarate blasfeme od eretiche) sorte e condotte in medio oriente dalla chiesa cristiana orientale facente capo, in particolar modo al patriarca Giovanni di Antiochia, il quale aveva palesemente appoggiato le eresie “nestoriane” e quindi “pelagiane“. In pratica Sisto III riuscì a reimporre il dogma della Santa Trinità e di conseguenza attraverso il “verbo” (ovvero lo “Spirito Santo“) la maternità di Maria, quale Madre di Dio. Figura femminile fortemente osteggiata dalle dottrine cristiane radicate nell’oriente, proprio perchè nella ricomposizione della famiglia celeste entrò per la prima volta una figura diversamente sessuata, ovvero una donna, ovvero lo Spirito Santo mai nominato come tale ma piuttosto, rappresentato sotto forma di una lingua di fuoco o di una colomba . (nda: dal punto di vista laico nulla osta a qualsiasi credo teologico. Vi è da pensare però che il cristianesimo sia sorto sulle sponde di altre filosofie religiose per ricostruire una figura patriarcale ed una famiglia ebraica che si stava scomponendo, in conseguenza al decadimento della società teocratica ebraica; all’occupazione militare romana con la conseguente dissolutezza di costumi ed alla preoccupazione di riportare la famiglia sui “binari” di casa). La seconda questione che contraddistinse questo papato fu l’ abbondanza di ricchezze distribuite per la costruzione di nuove chiese romane ed in particolar modo per la ricostruzione della chiesa di Santa Maria Maggiore in Transtevere ( distrutta dalla sommossa per l’ elezione di papa Damaso) alla quale furono “dedicati” per quello che fu tramandato: – Un calice d’oro del peso di 50 libbre – Lamine d’argento per il rivestimento dell’altare per 300 libbre – Una fonte battesimale sormontata da un cervo d’argento dal peso di 30 libbre, dalla cui bocca sgorgava acqua di fonte – Un tabernacolo d’ argento da 511 libbre, dono speciale dell’ imperatore Valentiniano III. Segno che il clero romano aveva ormai di gran lunga superato in ricchezza la finanza pubblica. Sisto III fu proclamato santo per quelle qualità. Morì il 19 agosto del 440 e fu sepolto a San Lorenzo fuori le mura. Il suo nome non compare più nel calendario universale della chiesa ma viene ricordato il 28 marzo. LEONE I Magno, della Tuscia (440-461) Nativo di Volterra in terra di Tuscia , fu eletto papa per volontà del clero e del popolo il 29 settembre 440. Il suo pontificato fu sicuramente uno dei più sentiti e ricordati, tanto da essere ricordato come “Magnum” … “Il Grande” e, nella tradizione cristiana il primo papa costituito e “costruito” secondo quei canoni che si protrarranno nei secoli. In effetti, il “trono” pontificale di Leone I riuscì per buona parte a sostituirsi a quello imperiale di Valentiniano III, imponendo reprimende ai trasgressori delle tesi teologali, sconfessando quasi tutte le teorie eretiche e riuscendo a farsi assegnare compiti d’ambasciata e quindi statali, dalla stessa imperatrice- madre Placidia, (390-450; figlia dell’imperatore Teodosio il Grande e di Galla-figlia dell’imperatore Valentiniano I – rapita da Alarico e data in sposa al cognato Ataulfo. Rimasta vedova inviata a Ravenna presso Onorio, dove sposò il patrizio romano Costanzo III dal quale ebbe due figli: Onoria e Valentiniano III. I contrasti tra i “goti” e Bisanzio portarono Costanzo verso l’impero d’oriente da dove ritornò imperatore d’occidente Valentiniano III). Una delle dottrine eresiarche più famose, alla quale si contrappose la chiesa romana, durante il pontificato di Leone I, fu quella di EUTICHE, dall’ omonimo monaco anatolico. Eutiche sostenne, al contrario di ARIO, la divinità terrena del Cristo senza discendenza alcuna, ovvero mettendo in discussione la paternità di Dio. La lotta teologica con Eutiche fu aspra e non fu sufficiente il concilio ecumenico di Efeso (Terzo?)… quando i vescovi orientali presero le difese del monaco), per dirimere la questione. Solo il diretto intervento imperiale (ormai soggiogato al potere cristiano) riuscì a ricomporre la questione eutichiana quando, Valentiniano III, la moglie Eudossia e Placidia in “visita” (a seguito delle invasioni barbariche) a Roma, dopo aver appreso della morte di Teodosio II, su sollecitazione del pontefice associano il trono d’oriente al senatore Marciano. Marciano esilia Eutiche. Ma la vicenda che fece diventare “magnum” Leone I deve piuttosto riccondursi ad un fatto ben più specifico: quello di aver temporaneamente bloccato l’ invasione “barbarica” degli Unni. Nel 452 ATTILA occupò Aquileia, uno dei capisaldi dell’ impero d’occidente. Le sue intenzioni erano quelle di proseguire fino a Roma seguendo l’esempio del goto Alarico ma l’interscambio di favori tra chiesa e stato impose a Leone di recarsi assieme alla delegazione imperiale a Peschiera sul Mincio (nda: lago di Garda) dove riuscì a “folgorare” il re unno e a farlo desistere dalle sue intenzioni (nda: molto più probabilmente, Leone I decise di sacrificare una parte del “tesoro di san pietro“), tanto che la tradizione cristiana fa così esprimere Attila: “Conosco come vincere gli uomini ma un leone ed un lupo – riferito al vescovo di Troyes e componente la delegazione papale- hanno saputo conquistare un conquistatore” . Ritornato a Roma, il pontefice si dovette confrontare con ben altre invasioni. Da Genserico re dei vandali riuscì solo ad ottenere il salvataggio tre basiliche: San Pietro, San Paolo e San Giovanni in Laterano, per il resto tutto fu messo a ferro e a fuoco ed i saccheggi iniziati il 15 giugno del 455 terminarono solo alla fine dello stesso mese. Roma ormai completamente abbandonata dall’ impero trovò la forza di ricominciare solo attraverso le strutture ecclesiastiche che non mancarono di dare assistenza come meglio poterono. Leone I morì il 10 novembre del 461. Le sue spoglie furono deposte nel sagrato dell’ antica basilica di San Pietro. Dopo l’erezione della nuova basilica le spoglie furono traslate sotto l’altare con la pala marmorea scolpita da Algardi. ILARIO, della Sardegna (461-468) Diacono di origine sarda fu consacrato papa il 19 novembre del 461. Sembrerebbe che la sua figura non fosse stata così “regale“, come quella del suo predecessore ciò nonostante fu l’ imperatore Antenio a recarsi in San Pietro per rendere omaggio al nuovo papa e non viceversa ( nda: questo può dirla lunga su come si fosse già ben radicato fino ai confini dell’impero il potere temporum-teologale della chiesa cristiana). Questo pontificato fu peraltro improntato quasi totalmente sul rifacimento dei luoghi di culto, la dove necessitavano di essere riparati dopo le incursioni vandaliche e dell’abbellimento di quelli risparmiati. Ilario fu sicuramente uno dei primi mecenati nei confronti di artigiani, artisti e cantori. Particolare attenzione fu dedicata al complesso del Laterano dove metalli e marmi preziosi furono profusi “a piene mani”. Oltre alla scultura d’oro massiccio dell’ agnello, anche l’arco d’ingresso fu costruito di metallo prezioso, per i primo oratorio, mentre per il secondo furono impiegate 100 libbre d’argento tra il primo ed il secondo oratorio. D’oro e d’argento erano gli arredi e le porte. Inoltre, secondo il “Liber Pontificalis”, il battistero sarebbe stato adornato da tre sculture in argento massiccio del peso di 30 libbre ciascuna, raffiguranti dei cervi dalla cui bocca sgorgava acqua di fonte. L’inventario proseguiva oltre con: – 60 libbre d’ argento per il tabernacolo a torre circondato da marmi canalizzati per lo scorrimento di acqua; – 1 lampadario d’oro a dieci fiamme per l’illuminazione della cerimonia del battesimo nella notte di Pasqua; – 1 colomba dorata galleggiante sulle acque a simbolo dello Spirito Santo; – ecc… ecc… Da Ilario in poi, per molti secoli queste saranno le occupazioni principali dei pontefici, ovvero l’apparire per non essere ( nda: molti di questi furono rappresentati sotto forma di esili figure, rese ancora più esili dal piviale posto sul capo, ed in punta di piedi su scarpine rosse ma ammantate come imperatori. D’altro canto non venivano proclamati papi quei teologi asceti e dediti effettivamente alla cura dell’ anima ed all’alleviamento delle altrui terrene sofferenze ma, diaconi intrallazzatori e faccendieri). Il pontefice morì il 29 febbraio del 468 e fu sepolto a San Lorenzo fuori le mura, il suo nome non figura ormai più nel calendario universale. SIMPLICIO, di Tivoli (468-483) Di famiglia romana originaria di Tivoli, Simplicio fu eletto papa il 3 marzo del 468. Un lungo pontificato segnato da grandissime traversie : – tutto il pontificato fu percosso dall’eresia “monofisistica“; – nel 470 i vandali di Ricìmero saccheggiarono Roma per la terza volta; – nel 472 fu la volta di una diffusa pestilenza e di una gravissima carestia; – nel 476 si spense definitivamente l’ Impero Romano d’ Occidente quando, Odoacre depose dell’imperatore-bambino Romolo Augustolo. ( nda: Odoacre fu un re ostrogoto a capo di orde barbariche indefinite quali i Rugi, Eruli, Sciri e Turcilingi, calato nella penisola italica a seguito degli unni di Attila). Il “monofisismo” era stato suscitato da Dioscoro, patriarca di Alessandria d’Egitto, e soprattutto dal monaco Eutiche: la sua tesi centrale, che le dava anche il nome, era che in Cristo vi è una sola natura, quella divina. Nonostante l’importante ed energico intervento di S. Leone Magno, l’eresia trionfò in occasione del cosiddetto “latrocinio di Efeso”, ma due anni dopo la dottrina ortodossa venne affermata con chiarezza nel concilio di Calcedonia, che assunse come articolo di fede il documento di S. Leone Magno. Questo concilio emanò anche il famoso canone 28, che riconosceva una preminenza del patriarcato costantinopolitano, che venne contestata come innovazione pericolosa dagli inviati di S. Leone Magno e venne combattuta anche da S. Simplicio. La controversia sul monofisismo andò avanti ancora per qualche tempo: ne fu responsabile anche l’imperatore Zenone che nel 482 tentò un impossibile compromesso con il suo Henoticon, contro il quale papa Simplicio prese netta posizione. La carestia e la pestilanza furono concause delle ripetute invasioni da parte di popolazioni transalpine condotte in Italia attraverso le “comode” strade romane e provenienti dai quattro angoli dell’impero. Mentre, per quanto attenne l’aspetto politico- temporale,. Romolo Augustolo fu relegato in una villa di Napoli e gli fu, comunque assegnata una rendita annuale di 6.000 libbre d’oro, in cambio della rinuncia delle insegne imperiali che furono inviate a Zenone, imperatore romano d’ oriente. Nonostante l’arianesimo di Odoacre la chiesa cristiana potè avere un buon vanto, attraverso la conoscenza del territorio e soprattutto delle “anime” abitanti il territorio stesso. In pratica, Simplicio riuscì a sopperire al caos statale dovuto alla caduta dell’impero d’occidente e la conseguente caduta di tante teste, sostituendolo con una “buro-teocrazia” ben radicata. In conseguenza a questa sua innata abilità diplomatica Simplicio riuscì quindi a riproporre l’ ulteriore ricostruzione dei luoghi di culto distrutti ( nda: dopo la terza incursione vandalica, il liber pontificalis riporta la sopravvivenza della sola basilica di San Pietro e della zona di quella che ora è lo Stato Vaticano.) e a consolidare l’affermazione del potere teocratico in sostituzione del decaduto impero. San Simplicio morì il 10 marzo del 483 e fu sepolto nel sagrato di San Pietro. Ancor oggi viene festeggiato il 2 marzo. (nda: va da sè che l’aspetto religioso divenne solamente un fatto di appartenenza ad una sorta di inclave. Certo è che per gli strati più poveri della popolazione , l’adesione o la non adesione ad una certa forma di consociativismo poteva sicuramente determinare la sopravivvenza di interi nuclei familiari. Altrettanto certo è che, le mire “temporali” del potere cristiano iniziarono ad avere la stessa connotazione di tutte le “altre” mire espansionistiche … passate e future). FELICE III, romano (483-492) La sua consacrazione avvenne il 13 marzo 483. Di famiglia romana della gens Anicia. La sua elezione avvenne con il consenso popolare, di quello clericale e ratificato da un funzionario dell’ imperatore Zenone, imperatore del Sacro Romano Impero d’ Oriente (nda: quasi fosse stato un atto notarile)., non senza qualche intromissione da parte di Odoacre, re degli unni e fautore della deposizione di Romolo Augustolo. Il pontificato di Felice III fu caratterizzato, in particolar modo, dal tentativo di dirimere le diverse posizioni sul modus operandi circa l’elezione alla cattedra di San Pietro tra chiesa romana e chiesa d’oriente attraverso tre concilii romani ( nda: rispettivamente nel 484, 485 e 489, tenuti sulla questione dell’ Henoticon, ovvero sul sofisma monofistico della natura del Cristo ); culminato con la scomunica dei monaci e vescovi ortodossi e del loro principale ispiratore Acacio, Patriarca di Costantinopoli. Le sfide tra la chiesa romana e quella orientale ebbero notevoli ripercussioni sul piano politico e temporale, fino a portare intere popolazioni a schierarsi le une conto le altre, quali: i popoli italici dominati dagli ostrogoti di Teodorico contro i propri fratelli, sorelle e cugini dominati dai vandali di Odoacre. Felice III morì il 1° marzo del 492 e fu sepolto, unico tra tutti i papi, nella basilica di San Paolo. Compare ancora nel calendario universale come santità alternativa e viene festeggiato appunto, il 1° marzo . GELASIO I. africano (492-496) Di origini africane, Gelasio I fu arcidiacono e segretario del suo predecessore prima di essere eletto papa il 1° marzo 492. Il suo pontificato fu caratterizzato da parecchie questioni. La più importante fu sicuramente quella di convocare e presiedere il concilio di Roma del 494, cercando di dirimere lo “SCISMA D’ ORIENTE” (provocato da Acacio, patriarca di Costantinopoli) e dal quale concilio scaturì il famoso decreto che porta il suo nome e che distinse i libri sacri accettati dalla Chiesa cattolica, da quelli che la Chiesa considerò come apocrifi. In quello stesso concilio, venne affermata la supremazia della chiesa di Roma su tutte le altre. Gelasio I combatté i pelagiani di Dalmazia e ristabilì nelle loro sedi i vescovi ch’erano stati scacciati durante le guerre di Teodorico contro Odoacre. Sostenne inoltre una controversia con gli eretici Nestorio ed Eutiche. Gli viene attribuito il “sacramentario romano”, un manoscritto del quale fu ritrovato e pubblicato, nel 1680. Lasciò parecchie lettere, importanti per la storia del suo tempo, tra le quali una indirizzata all’imperatore Teodorico che così recitava : “…due sono i poteri, augusto imperatore, che principalmente governano questo mondo: il potere sacro dei vescovi e quello temporale dei re. Di questi due poteri il ministero dei vescovi ha maggior peso perchè essi devono rendere conto al tribunale di Dio anche per i mortali re”. Dal punto di vista del mantenimento dell’ortdossia cristiana riuscì a far abolire i ” Lupercali” ( festa che avveniva tra il 15 ed il 18 di febbraio – del calendario Gregoriano – e che culminavano con la Februatio – un retaggio dei festeggiamenti al dio februo contro le pestilenze ed i mali dei demoni); sostituendo il tutto con la festività della “Madonna Candelora” del 2 febbraio (nda: festa della purificazione dell’anima più che di quella corporea). Anzichè continuare nell’opera di ricchezza delle chiese e dei sagrati preferì andare incontro alle sofferenze della popolazione dovute in particolar modo alla grande carestia che imperversò durante tutto il suo regno. Gelasio I morì il 21 novembre 496 e fu sepolto nel sagrato di San Pietro. Forse per descrivere questa figura umana, oltre che di pontefice, valse molto di più una citazione di “Dionigi il piccolo”: “…morì povero dopo aver arricchito i poveri !”. Il calendario universale ancor oggi lo ricorda nel giorno della sua morte. ANASTASIO II, romano (496-498) Non si conoscono le origini della famiglia, probabilmente greca (nda: anastasìs significa resurrezione in greco) stabilitasi a Roma. Anastasio II fu consacrato papa il 24 novembre del 496. Così come non risultano molte altre notizie sul suo pontificato, del resto di breve durata se non quelle nefaste per aver tentato una sorta di riconciliazione con gli eretici monofistici con la riammissione alle sue funzioni il diacono di Tessalonico Fotino, fervido seguace dell’idea monofisita. La tradizione volle che questo papa fosse così impopolare, diversamente dal suo predecessore che fosse stato colpito dalla “maledizione divina” “nutu divinu percussus est” Lo stesso Dante Alighieri, molti secoli dopo, finì per collocarlo nel canto XI, 6-9 dell’ Inferno della Divina Commedia: ” ci racostammo, in dietro, ad un coperchio d’un grand’avello, ov’io vidi una scritta che dice: “Anastasio papa guardo, lo qual trasse Fotin della via dritta”. Sempre secondo la tradizione la sua morte sarebbe stata simile a quella di Ario il quale, mentre era intento alle sue funzioni corporali e fisiologiche perse tutte le viscere che si sparsero sul terreno. Questo sarebbe accaduto il 19 novembre del 498. Le sue spoglie furono sepolte sul sagrato di San Pietro ma il suo nome non comparì mai nè sul martirologio nè sul calendario universale. SIMMACO, sardo (498-514) Il 22 novembre 498, in una frenetica corsa contro il tempo furono eletti due papi. Nella basilica di San Giovanni in Laterano fu proclamato il diacono di origine sarde Simmaco, mentre qualche ora dopo , nella Chiesa di Santa Maria Maggiore in Transtevere fu eletto l’arcidiacono Lorenzo. Nell’ eterna contrapposizione tra eresie, logoramenti tra le posizioni dei cristiani che facevano capo a Costantinopoli e quindi in particolar modo all'”arianesimo” e, quelle dei cristiani di Roma riuscì a prevalere Simmaco. Ma la lotta fu estremamente dura, con climi sociali da “guerra civile”. Fu necessaria la convocazione di un ennesimo concilio di Roma, voluto dall’imperatore Teodorico e la sconfessione del proconsole “Festo” ed il conseguente esilio di Lorenzo a Nocera, prima di arrivare in qualche maniera a dirimere le questioni popolari con la conseguente scongiura di un’ulteriore scisma. Il 1° marzo 499 Simmaco proclamò il concilio in San Pietro, al quale parteciparono 72 vescovi, compreso Lorenzo. Prima di tutto fu votata la regola d’elezione papale in caso di morte improvvisa e quindi senza che il “de cuius” avesse avuto la possibilità di nominare un successore, al fine di evitare trattative elettorali e soprattutto brogli, (regola che fu sottoscritta anche da Lorenzo) e quindi si passò alla definizione dei ruoli del ruolo di Simmaco e quello di Lorenzo, il risultato finale fu che Simmaco rimase pontefice e Lorenzo vescovo di Nocera di Campania. Ma le lotte intestine non terminarono immediatamente anche perchè Lorenzo non si addattò a quelle risoluzioni conciliari e continuò a fomentare i movimenti antipapali. Comunque, il concilio di Roma del 499 fu particolarmente importante non solo per le diatribe ai massimi vertici ma soprattutto per la spartizione del potere in Roma stessa ovvero: là dove i lasciti e le ricchezze erano presenti lì era la competenza del “vescovo di Roma”. Queste pertinenze furono definite “delle sette chiese” : 1- S. Giovanni in Laterano, 2- S. Pietro, 3- S. Paolo, 4- S. Lorenzo fuori le mura, 5- S. Maria Maggiore di Transtevere, 6- S. Sebastiano, 7- S. Croce in Gerusalemme. (nda: ancor oggi viatico di penitenza per i cristiani alla ricerca dell’ assoluzione dei propri peccati; ovvero modo di dire laico per definire il giro, attraverso il quale una persona estromessa tenta di riconquistarsi fiducia nell’ambito della propria professione, noto come “farsi il giro delle sette chiese”) Attraverso il mecenatismo di Simmaco, Roma iniziò nuovamente a riscoprire antichi splendori. Nel maggio del 501 però, per il pontefice le cose si involsero nuovamente. Il senato consolare ostile al pontefice fece pervenire a Teodorico l’accusa di aver violato il calendario alessandrino a causa della data di celebrazione della Pasqua e di aver violato la fede cristiana con lo sperpero di non precisati beni della Chiesa, nonchè non precisate relazioni con donne di malaffare. Teodorico, eludendo ogni regola canonica, convocò un ulteriore concilio in Roma. “Visitator” , ovvero reggente fu nominato il vescovo Pietro d’ Altino, vescovo di Venezia che si schierò contro Simmaco. Alla fine, per la sopravvivenza dell’unità cristiana prevalse il buon senso ed il clero chiamato a giudicare si espresse unanimemente a favore della regola fondamentale, sancita nel concilio del 499, che vietava (nda: come vieta) di poter giudicare l’operato del pontefice da parte di chicchessia. Le lotte terminarono solo nel 505, nel frattempo Pietro d’ Altino fu rispedito a Venezia e Lorenzo a Nocera, in una delle ville di proprietà del proconsole Festo. Simmaco, dopo aver proseguito nell’opera di proselitismo, mecenatismo e costruzione di nuove chiese morì il 19 luglio del 514. Le sue spoglie furono sepolte nel sagrato di San Pietro. Il suo nome non figura nel calendario universale ma risulta ancora una ricorrenza nel giorno della sua morte. ORMISDA, di Frosinone (514-523) Il 20 luglio del 514, un giorno dopo la morte del suo predecessore Simmaco fu proclamato pontefice Ormisda, diacono nativo di Frosinone, sposato con prole, il figlio Silverio divenne a sua volta pontefice. (Il nome Ormisda deriva dal persiano. Latinizzato in Hormisdas, significa “buono“. E’ un nome usato anche al femminile). L’elezione ebbe esiti unanimi e senza disordini. Tutto il pontificato fu teso a ricomporre le divisioni teologali tra la Chiesa di Roma e quella Orientale di Costantinopoli e nella rifinitura delle opere architettoniche già iniziate durante il precedente pontificato quali: la basilica di S. Pancrazio sul Gianicolo e di San Martino ai Monti. Dopo la morte dell’imperatore Anastasio I, con l’avvento del suo successore Giustino finalmente la chiesa romana riuscì a profilare un nuovo “modus vivendi ” con la realtà orientale di Costantinopoli. Le nuove basi per un comune intento nell’ambito dell’ ortodossia teologica furono gettate durante il concilio di Costantinopoli che si rifece ai dogmi dettati dai precedenti concilii di Nicea e di Calcedonia, bandendo definitivamente tutte le eresie imperversanti quali quelle monifisiste, eutichiane, ariane e manicheiste, tant’è che lo stesso patriarca di Bisanzio sottoscrisse la cosidetta “formula Ormisda” che si chiudeva con le seguenti parole: “…sono concorde con il papa e rimprovero tutti quelli che il papa rimprovera.” Il 28 marzo del 519 il concilio di Costantinopoli si concluse con la piena affermazione delle volontà della Chiesa di Roma. Il pontefice Ormisda si spense il 6 agosto del 523 e fu sepolto all’interno della basilica di San Pietro. Il suo nome non figura nel calendario universale ma viene ricordato nel giorno della sua morte. GIOVANNI I, della Tuscia (523-526) L’ anziano presule, nato in un imprecisato dell’ odierna Toscana ( Tuscia), fu proclamato papa il 13 agosto del 523, dopo sette giorni dalla morte del suo predecessore. (nda: come spesso accadde prima per i pontefici e successivamente per i dogi veneziani , sarà sempre più frequente nei secoli, l’elezione di persone anziane… probabilmente per superare alcuni momenti di incertezza in un caso, per dare maggior ricambio e diminuire il potere nell’ altro). Certo fu che, nonostante concilio su concilio sottommissioni e sconfessioni, le eresie stavano continuando al pari passo con il potere temporale. Con il risultato di avere, l’imperatore Giustino a Costantinopoli (nato da umile e pastorizia famiglia ellenica ed approdato alla somma carica attraverso la carriera e i conseguenti complotti di palazzo di “stampo” bizantino) a sostenere l’ ortodossia e l’imperatore Teodorico a Ravenna ( figlio di discendenze barbarico- gote) a sostenere l’arianesimo o quantomeno a non abiurarlo! Seppur breve, il papato di San Giovanni I non fu tramandato come uno dei più facili e sereni. Ancora una volta nell’impero d’oriente di Giustino si scatenarono repressioni ed eccidi nei confronti degli “arianisti, le quali trovarono “vendetta” nell’occidente di Teodorico ( di fede ariana) tramite le repressioni dell’ oratorio di Santo Stefano in Verona ed i divieti di portare armi a tutti i sudditi romani non inquadrati nelle milizie e nell’esercito.( cosa che a quei tempi significava la morte certa in qualche angolo della cloaca romana o in qualche lupanare o ancor peggio in qualche sentiero di campagna percorso da contadini che si recavano al mercato). Teodorico scatenò una delle più infauste repressioni contro tutti coloro che vennero ritenuti “antimperiali” per il semplice fatto di non condividere le eresie ariane. Furono giustiziati il console Albino per il semplice fatto di aver mantenuto uno scambio epistolare con l’imperatore d’oriente Giustino; il capo del senato Simmaco, solo per essere suocero di BOEZIO, nonchè lo stesso filosofo e scrittore noto come l’autore del “De consolatione philosophiae” . Lo stesso papa Giovanni I non riuscì a sfuggire ad una crudelissima prova. Convocato a Ravenna gli fu imposto di partire per Costantinopoli al fine di far cessare le repressioni anticristiane, con il mandato esplicito di far decadere gli editti antiariani di Giustino. Il pontefice partì alla volta di Bisanzio, probabilmente al fine di far cessare temporaneamente le persecuzioni. Attorno ad aprile del 525, dopo essere stato portato in trionfo dalla popolazioen cristiana celebrò la messa di Pasqua nella basilica di Santa Sofia ( nda: ancor oggi esistente ad Istambul). Rientrato a Ravenna fu incarcerato e dove morì di stenti e malattia il 18 maggio del 526. ” Victima Christi” è l’iscrizione che lo contraddistingue nelle cripte di San Pietro, dove furono traslate successivamente le sue spoglie. Il suo nome compare nel martirologio e viene ancora festeggiato ” facoltativamente” nel giorno della sua morte. FELICE IV, del Sannio (526-530) Presule nativo di Benevento, Felice IV fu imposto alla comunità cristiana da Teodorico, che non si risolse a proclamarne uno sino al 12 luglio del 526, dopo quasi due mesi di “vacatio“. Sembrò quasi una beffa o un lascito testamentario perchè lo stesso Teodorico morì poche settimane dopo: il 30 di agosto. Comunque nonostante l’imposizione del potere temporale alla comunità cristiana, non ci furono motti di rigetto. San Felice IV fu un papa amato ed accettato comunque fossero andate le cose. Riuscì a mantenere buoni rapporti con il popolo goto attraverso Amalasunta, reggente al trono di Alarico divenuto re ancora bambino, tanto da rendere la stessa comunità cristiana “quasi indipendente” dal punto di vista giuridico, tramite un editto imperiale che garantì la sovranità pontificale dei giudizi. In altre parole la giustizia passava al potere laico solo in caso di rifiuto del clero di amministrarla. Così come riuscì a mantenere gli equilibri tra le due ataviche opposte fazioni divise tra i seguaci dell’impero d’occidente o d’ oriente. L’unico screzio con i sovrani dell’epoca accadde quando durante il sinodo del 529, forse sentendo anche la fine prossima, San Felice volle avvalersi del diritto canonico di imporre la propria volontà designando il proprio successore, così come a sua volta voluto da Simmaco nel concilio del 499. Fu così che il proprio pallio fu consegnato all’ arcidiacono Bonifacio. Durante il suo breve pontificato riuscì inoltre a promuovere la fede cristiana attraverso il riconoscimento ed il sostegno dell’ attività di San Benedetto che aveva fondato una propria regola all’interno della Chiesa cristiana, senza disconoscere i dogmi romani e la centralità di Roma. Profondo conoscitore degli scritti di S.Agostino se ne avvalse per condannare il semipelagianesimo ( nda: dottrina antiagostiniana fondata nella Gallia meridionale. I semipelagisti -termine comunque coniugato solo nel XVII sec. – in antitesi con l’ortodossia di Sant’ Agostino sostenevano che il genere umano può iniziare il suo viatico anche senza lo stato di grazia, della conversione e della salvezza ” initium fidei” – non è ben chiaro se la cosa non intendesse l’abbandono del primo dei sacramenti, ovvero il battesimo.) Costruì la basilica in onore dei Ss. Cosma e Damiano adattando due templi pagani: il Templum Sacrae Urbis e il Tempio di Romolo. Rifece la basilica di S. Saturnino sulla via Salaria. La sua morte avvenne il 22 settembre del 530 e fu sepolto nel sagrato di San Pietro. Viene ricordato nel Martirologio Romano per la sua grande dedizione alla fede cristiana. E’ raffigurato nel mosaico del catino absidale dei Ss. Cosma e Damiano con pianeta gialla, dalmatica azzurra e pallio disseminato di croci. |
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