ANNI DAL 607 al 640 BONIFACIO III, romano (607) Bonifacio salì al soglio pontificio il 19 febbraio del 607, dopo aver atteso il benestare di Bisanzio per ben un anno dopo la morte del suo predecessore. Nato a Roma da famiglia greca ( il padre si chiamava Giovanni Kataandiokes (nda: ovvero proveniente da Hatakolon oppure da Kalamata). Durante la sua vita episcopale ricoperse diversi incarichi di grande prestigio quali apocrisiario, sempre presso nunziature di grande importanza quali Antiochia, Corinto, Ajaccio di Corsica ed in fine a Costantinopoli presso la sede dell’impero bizantino, dove a quel tempo regnò l’imperatore Foca. La tradizione vuole che il ritardo nella conferma della nomina,da parte dell’ imperatore, non fosse stata dovuta ad una sorta di mancata stima nei confronti dell’eletto, anzi fu purtroppo determinata da disguidi in ordine alle comunicazioni dell’epoca e degli intralci, per così dire di tipo bizantino. Tanto è vero che a conferma della stima per l’ arcidiacono Bonifacio , l’ imperatore Foca accompagnò l’elezione con un editto mediante il quale dichiarò che: “… la Chiesa di San Pietro è da considerarsi la prima tra tutte le Chiese e dovrà essere considerato priva di alcun fondamento la pretesa di primato da parte della Chiesa con sede a Costantinopoli”. D’altro canto, la stessa tradizione vuole che l’imperatore Foca fosse in netto contrasto con il patriarca bizantino Ciriaco e non che ne avesse timore dal punto di vista militare ma, Roma poteva sempre rimanere una fonte di riferimento spirituale nella quale poter lavare la propria coscienza. Bonifacio III, comunque, non ebbe molto tempo a disposizione dopo la sua consacrazione per rendersi di come stessero effettivamente le cose perchè nemmeno dopo nove mesi morì. Il 12 novembre del 607 fu sepolto in San Pietro. BONIFACIO IV, abruzzese (608-615) La consacrazione di Bonifacio avvenne i 25 agosto del 608, dopo una vacazio al soglio pontificio di nove mesi, sempre a causa dell’attesa del beneplacido dell’allora imperatore di Bisanzio Foca. Il pontefice ebbe umili origini marsicane (nda: Marsica – regione abruzzese attualmente incentrata su Fucino e sulle sue valli apenniniche) e prima di essere eletto, ricopriva il titolo di prete, diverso dal diaconato, in quanto aveva fatto voto di castità. Fu un pontificato continuamente perseguito da pestilenze e carestie, ciò nonostante fu grande lo spirito di perseveranza nel continuare la sopravvivenza di una Roma ormai ridotta ai minimi termini dal punto di vista economico e di conseguenza dal punto di vista morale. Attraverso l’ interessamento del pontefice fu restituito alla storia un bellissimo monumento: il pantheon di Agrippa. Durante l’innodazione del Tevere del 590 il tempio fu praticamente travolto dalle acque che non riuscirono però ad abbattere il vestibolo eretto su sedici colonne con patitelli corinzi. Così come riuscì a salvarsi il tetto eretto su travi e tegole di bronzo dorato ma l’edificio fu praticamente abbandonato per quasi un ventennio. Bonifacio IV ottenne da Foca la concessione del tempio il quale, il 13 maggio del 609, una volta restaurato fu consacrato ed intitolato a Santa Maria ad Martyres ( nda: chiesa ancor oggi riconosciuta più semplicemente come pantheon). San Bonifacio IV morì l’ 8 maggio del 615 e fu sepolto nel sagrato di San Pietro. Il giorno 8 maggio continua a ricorrere la sua commemorazione, secondo il calendario universale. ————— Coevo di San Gregorio Magno, di Bonifacio III e San Bonifacio IV, risulta essere stato Mohamed , secondo la tradizione islamica, ovvero il profeta di Dio (Allah), nato a La Mecca ( Odierna Arabia Saudita) nel 570. Maometto, da giovane fu cammelliere al servizio della ricca vedova Khadigia, che poi sposò. Dopo una crisi mistica la tradizione vuole che nel 610 egli avesse ricevuto la rivelazione del Corano (Coram Karim), il libro sacro dei musulmani. Il Verbo secondo la prima tradizione orale e poi scritta sarebbe stato scritto sotto la diretta dettatura di Dio per la quale scaturì una nuova religione monoteistica : l’ISLAM ((VEDI ANNO 622 E SEGUENTI). DIODATO (ADEODATO) I, romano (615-618) Figlio del sub-diacono Stefano di famiglia romana fu battezzato Deusdedit (nda: donato da Dio) ed educato nel monastero dell’Urbe dedicato a sant’Erasmo. Adeodato salì al soglio pontificio il 19 ottobre del 615, cinque mesi dopo la morte del suo predecessore, con il benestare dell’ imperatore Eraclio, succeduto a Foca… ucciso per mano dello stesso. Dopo la sua elezione constatò che le più alte cariche ecclesiastiche rimanevano in mano a monaci, così come del resto stabilito da Gregorio Magno (590-604) e questo non poteva essere in linea con quanto determinato dal potere politico e temporale. Pertanto, con uno dei suoi primi editti ristabilì la distribuzione delle cariche eclesiastiche in maniera tale da anteporre il clero secolare a quello monacale. D’altro canto la stessa situazione temporale e politica permaneva per nulla chiara: la maggior parte della penisola italica rimaneva sotto il dominio longobardo di Adaloaldo il quale non rivendicava alcuna pretesa nei confronti della Chiesa cristiana di Roma , mentre l’ esarcato di Ravenna, riferimento dell’ imperatore romano d’ oriente con a capo Eleuterio, pretendeva ancora di continuare ad accampare diritti anche dal punto di vista eclesiastico. Non fu un pontificato felice perchè, oltre alle infrapposizioni nella condotta di Roma, nel 616 si ripresentò l’atavico problema della peste, che aveva già fatto strage nel 590. Nel 618 arrivarono epidemie mortali di lebbra e di scabbia e per finire, nell’agosto dello stesso anno vi fu un forte terremoto . La santità di questo pontefice fu riconosciuta per la grande forza e coraggio nel sopperire a tante disgrazie e nonostante la sua veste, il diretto soccorso agli ammalati ed ai bisognosi. Fu in ogni caso il primo pontefice ad avere un proprio sigillo pontificale a testimonianza dell’autorevolezza della Chiesa cristiana. Il sigillo di piombo recava inciso l’effige del buon pastore con le sue pecorelle, nonchè la simbologia greca dell’ alfa e dell’ omega, rappresentanti dell’inizio e della fine nel nome di Cristo. Da qui in poi il sigillo diventerà “bulla” ( Nda: Bolla), con la quale i pontefici imprimeranno tutti gli atti ufficiali della Chiesa. San Adeodato I morì l’ 8 novembre del 618 di peste, la stessa malattia contro la quale aveva lungamente combattuto. Le sue spoglie furono sepolte nel sagrato di San Pietro. Nel frattempo la nuova religione islamica si fondò definitivamente sul nuovo testo sacro che è il Corano ovvero Coram Karim (al-Qur’an, recitazione), attraverso il suo profeta Maometto. Maometto fin dall’inizio impose la lettura del testo sacro con intonazione, pause e ritmi ben prestabiliti ancor oggi in uso. La composizione del Corano corano si stava già consolidando, anche se non sarà mai certa la sua ultima definizione. Il testo sacro fu composto comunque di 6200 versetti, divisi in 114 capitoli (Sure) in prosa rimata, accostate a discorsi diretti ai credenti con ammonimenti, precetti di culto, norme giuridiche, racconti biblici e visioni escatologiche. BONIFACIO V di Napoli ( 619 – 625) Dopo tredici mesi di vacanza nel soglio pontificio, il 23 dicembre del 619 fu proclamato papa Bonifacio V . Diacono di famiglia napoletana si dovette confrontare con una realtà sempre più deteriorata soprattutto nei costumi e nelle usanze. (nda: queste ultime, dal punto di vista laico, non sono intese tanto quale degrado morale, ancorchè regnasse ogni tipo di perversione… la prostituzione di ambo i sessi non fu mai interrotta, così come non furono mai interdetti i baccanali…, quanto fu invece la corruzione e la man bassa su tutto ciò che poteva essere appetibile dal punto di vista economico.) Di questo fontefice furono tramandate pochissime notizie, forse l’unica tra le quali, quella di aver fatto riportare alla luce e restaurare le catacombe di San Nicomede sulla via Nomementana, presso l’attuale Porta Pia. Bonifacio terminò il suo mandato sulla terra il 25 ottobre 625 e le sue spoglie furono tumulate nel sagrato di San Pietro. Dall’altra parte dell’ impero però, altri eventi si stavano consumando. La leggenda vuole che, nell’estate del 620 MAOMETTO avesse incontrato sei abitanti della città di Yathrib (nda: Medna) che erano venuti in pellegrinaggio alla Ka’bah. I sei furono colpiti dalla sua personalità. Nell’estate del 621, dodici uomini di Yathrib si recarono alla Mecca per il pellegrinaggio. I dodici si riunirono presso le montagne di Aqaba e con il Primo Giuramento di Aqaba promisero fedeltà a Maometto. Nel ritorno a Yathrib furono accompagnati da Musab ibn Amir. Nel giugno del 622, 75 persone, di cui 73 uomini e 2 donne, provenienti da Yathrib, si recarono in pellegrinaggio alla Mecca e fecero il Secondo Giuramento di Aqaba riconoscendo in Maometto il loro capo politico e religioso. Nel 622 Maometto decise di “rompere i legami tribali” e di “emigrare” a Yathrib, la futura Medina. L’ EGIRA, ovvero la migrazione dei fedeli musulmani dalla Mecca a Yathrib (Medina), ebbe inizio venerdì 16 luglio del 622. Maometto lasciò la Mecca per ultimo e raggiunse Medina il 24 settembre 622. Aveva 52 anni. ONORIO I, di Capua (Na) (625-638) Fu consacrato a soli tre giorni dalla scomparsa del suo predecessore, in virtù del fatto che l’imperatore aveva delegato l’ esarca di Ravenna ad assolvere il diritto di conferma ed Isacco dovrandosi fortuitamente a Roma nei giorni del Trapasso di Bonifacio V non impiegò molto a ratificare la nomina del nuovo pontefice. Onorio proveniva dalla nobile famiglia del console campano Petronio, colto e devoto alla religione cristiana riuscì a contraddistinguersi essendosi ispirato alla dottrina di Gregorio Magno. Fin da subito si rivelò un bravissimo amministratore, mecenate, molto sensibile ai bisogni dell’ Urbe e dei suoi abitanti. In quasi tredici anni di pontificato, egli riuscì a ricostruire l’ acquedotto Traiano che dal lago Bolsena raggiungeva Roma , distrutto da Vitige, nonchè la connessione dello stesso acquedotto ad innumerevoli mulini collocati sul Giannicolo, oltre alla ricostruzione e l’edificazione di chiese e conventi o alla riconversione di tempi pagani. Ma l’opera più grandiosa fu sicuramente il rinnovamento della basilica di San Pietro: – le tegole del tetto furono sostituite con quelle del tempio di Venere in bronzo dorato ( dono personale dell’imperatore Eraclio); -la confessione fu ricoperta da 187 libbre di argento; -la porta mediana fu ricoperta d’ argento per un peso di 975 libbre; -sulla tomba dell’ apostolo furono posti due candelabri sempre d’ argento del peso di 272 libbre; -il senato, ormai da secoli abbandonato fu trasformato in Curia e la chiesa intitolata a San Adriano. Non andarono altrettanto bene le cose sul piano teologale. Sul fronte occidentale, dopo aver puntato sul profondo cattolicesimo del longobardo Adaloado, questi fu assassinato dal cognato Ariovaldo di fede ariana e quindi si trovò scoperto nella Roma cisalpina. Ma la vera “guerra” arrivò dal fronte orientale e solo probabilmente per un fraintendimento nelle scritture latine di tipo bizantino. Sergio, patriarca di Costantinopoli, su pressioni dell’imperatore Eraclio elaborò una nuova tesi teologica, non più monofisista ma monotelita, come fu definita ( oggi si potrebbe dire che erano cambiati i suonatori, ma la musica rimaneva la stessa, quanto ad eresie e disfacimenti). Alle teorie del patriarca si contrapposero, per l’ennesima volta quelle Trine del monaco Sofronio seri. Sergio riuscì a far pubblicare dall’ imperatore l’ editto cosidetto dell’ Ectesi (nda: mediante il quale venne vietato nell’uso eclesiastico delle espressioni “una o due Energie”- facendo quindi valere la volontà di affermare che il Cristo era l’unico Dio fattosi uomo e non il figlio di Dio). Onorio non capì in effetti la gravità delle affermazioni e considerata una diatriba di nessun conto scrisse una lettera a Sergio di Costantinopoli, affermando che in buona sostanza quella teoria era da ritenersi la stessa espressione del cristianesimo. Nel 638 e nel 639 a Costantinopoli furono riuniti due sinodi, attraverso i quali fu invece sconfessato il modello monotelita e fu quindi sconfessata la lettera del pontefice che fu bruciata (nda: fu per altro il primo segno premonitore contro le eresie). Onorio I comunque non udì le conclusione del secondo sinodo, spirò il 12 ottobre del 638 e fu sepolto in San Pietro. In suo onore, le porte del sepolcro di San Pietro recano l’ iscrizione dux plebis ( nda: non condottiero dei popoli, come qualcuno sostiene… ma dei poveri!). Dall’altra parte del Mediterraneo e del Mar Rosso Mohamed il profeta stava perfezionando l’approccio di una parte dell’umanità con la dottrina di Allah : Maometto, comprato un terreno incolto, provvide a far costruire la sua casa. Un edificio molto semplice in pietra e mattoni d’argilla con un cortile su cui si affacciavano gli appartamenti delle due mogli Sawda ed Aysha. Per pregare i musulmani si riunivano nella casa di Maometto. Essendo il luogo dove si prosternavano venne chiamato masgid, dal siriaco masgheda, da cui deriva l’italiano moschea. Sia gli emigrati dalla Mecca che i musulmani di Medina, riuniti nella Umma, la comunità dei fedeli, riconobbero l’autorità di Maometto. Il popolo dei credenti era unito non da vincoli tribali ma dalla comune fede religiosa.La Costituzione di Medina, risalente al primo anno dell’Egira, stabilì i rapporti tra i musulmani, le tribù arabe e le tribù ebraiche.Agli ebrei venne consentito di partecipare al patto pur rimanendo nella loro fede.Maometto assunse la funzione di hakim, legislatore e giudice supremo chiamato a dirimere i contrasti della complessa società di Medina, e la funzione di qaid, capo militare. I muhajirun, privi di risorse economiche, decisero di risolvere i loro problemi facendo delle razzie (ghazawat) a danno delle carovane dei meccani dirette in Siria.Nel gennaio del 624 Maometto inviò un gruppo di uomini con degli ordini sigillati a Nakhlah, per intercettare una carovana che veniva dallo Yemen. Il gruppo era guidato da Abd Allah ibn Gahs, che aprì la lettera dopo dieci giorni di marcia. I musulmani attaccarono con successo una piccola carovana. Uccisero un meccano e ne fecero prigionieri altri due. La razzia era stata effettuata verso la fine del mese sacro di Ragiab, un periodo di pace osservato da tutte le tribù arabe per consentire il pellegrinaggio (umra) alla Mecca. La carovana, che stava ritornando dalla Mecca, non si aspettava assolutamente di essere attaccata.La violazione del mese sacro venne giustificata da Maometto con una rivelazione divina (Corano, II, 217). Nel febbraio del 624 Maometto decise di cambiare la direzione a cui bisogna rivolgersi durante la preghiera: non più Gerusalemme, ma la Mecca.Nel marzo del 624 (anno II dell’Egira) venne tentata una seconda razzia a danno dei meccani. La carovana, guidata da Abu Sufyan, il capo del clan degli Umayyah, stava tornando da Gaza. C’erano più di mille cammelli, 50.000 dirham di merci.Maometto, alla guida di circa 300 uomini, emigrati dalla Mecca e abitanti di Medina, decise di impadronirsi della carovana.Abu Sufyan,informato dell’imminente attacco di Maometto, deviò il suo percorso a marce forzate e si mise in salvo. Intanto dalla Mecca, a cui Abu Sufyan aveva chiesto aiuto, avevano inviato in soccorso circa 800 uomini. Alcuni volevano ritornare indietro, non sussistendo più il motivo per cui erano stati inviati. Ma altri, tra cui Abu Lahab, vollero lo stesso dare battaglia. Il 12 del mese di Ramadan del II anno dell’Egira, i meccani e i musulmani si scontrarono presso il pozzo di Badr, a circa 105 chilometri da Medina. Maometto ebbe la sua prima grande vittoria come capo militare e religioso. Tra i meccani perirono 44 persone e tra i musulmani 14. Altri 44 meccani furono fatti prigionieri. La sorte dei prigionieri è incerta. Pare che alcuni siano stati riscattati, altri uccisi e qualcuno anche convertito. Tra gli altri venne messo a morte Nadr ibn al-Harit, un poeta che raccontava le storie della Persia. La sua colpa: aver attratto molti ascoltatori distogliendoli dall’ascoltare le prediche di Maometto.Il bottino fu molto inferiore a quello che si sarebbe potuto avere se si fosse catturata la carovana. Sorsero anche molte controversie sulla divisione del bottino.La battaglia fu considerata l’inizio della jihad, lotta religiosa e militare contro i nemici dell’Islam. Da allora i musulmani caduti in battaglia furono considerati martiri (shahid).Tornato a Medina Maometto accusò gli ebrei della tribù dei Banu Qainuqa di aver collaborato con i meccani.Nell’aprile del 624 assediò la loro fortezza (atam). Dopo 15 giorni gli ebrei si arresero. Si salvarono dal massacro per intervento di Abd Allah ibn Ubayy, sayyid degli Hazrag, che in precedenza era stato alleato della tribù ebraica.I Banu Qainuqa ebbero salva la vita ma dovettero abbandonare le loro armi e tutti i loro beni mobili ed immobili. La vittoria di Badr aveva dato fiducia a Maometto che intensificò le razzie anche contro tribù beduine come i Sualim e i Gastafan (nel mese di Chawal dell’anno II dell’Egira), i Banu Talaba e i Banu Muharib. Alì sposò Fatima, una figlia di Maometto. Dal matrimonio nacquero Hasan e Husain. Othman sposò Ruqayya, un’altra figlia di Maometto. Maometto sposò Hafsa, figlia di Omar e vedova di Hunais. Nel 625 i meccani misero in campo un esercito di tremila uomini al comando di Abu Sufyan. Comandante della cavalleria era Halid ibn al-Walid, il generale che in seguito sarà chiamato “La spada dell’Islam”. Maometto riuscì a radunare 1.000 uomini. Abd Allah ibn Ubayy sconsigliò Maometto dall’accettare la battaglia fuori della città, ma non riuscendo a convincere il profeta si ritirò con i suoi 300 uomini.Il 19-20 novembre del 625, ai piedi della collina di Uhud, i due eserciti si scontrarono. Abu Sufyan riportò una grande vittoria. Maometto venne ferito. Hamza, zio del Profeta, venne ucciso.Abu Sufyan non inseguì l’esercito sconfitto fino a Medina, forse per timore degli uomini di Abd Allah ibn Ubayy. Preferì ritornare immediatamente alla Mecca. Tornato a Medina Maometto accusò gli ebrei della tribù dei Banu Nadir di non aver preso parte al combattimento, forse perché si era combattuto di sabato. Venne emanato l’ordine di espulsione degli ebrei Banu Nadir, che tentarono di resistere chiudendosi nelle loro fortezze. Maometto allora prese ad incendiare i palmeti e le coltivazioni. L’azione era assolutamente proibita dalle tradizioni arabe, ma Maometto la giustificò con una rivelazione divina (Corano, LIX, 5)I Banu Nadir ebbero salva la vita ma dovettero abbandonare le loro armi e tutti i loro beni mobili ed immobili. Venne consentito di portare via solo quanto era possibile trasportare su un cammello per ogni tre persone.Il bottino, non essendo bene di guerra, fu attribuito integralmente a Maometto che lo diede al gruppo degli emigrati dalla Mecca.Alla fine del 626 i meccani riunirono un esercito di 10.000 uomini e lo posero sotto il comando di Abu Sufyan.Maometto, su consiglio di uno schiavo persiano Salman al-Farisi, fece costruire una trincea intorno a Medina. Quando l’esercito meccano arrivò fu sorpreso dal dispositivo difensivo del tutto inusuale tra gli arabi. Non poté attaccare la città e fu costretto a porre l’assedio. L’11 marzo del 627 Abu Sufyan decise di interrompere le operazioni militari.La decisione fu presa a causa del freddo intenso, ma anche a causa di divergenze interne allo schieramento alleato dei meccani. Pare che Maometto abbia intrapreso una intensa attività diplomatica per dividere i suoi avversari. Durante l’assedio perirono sei musulmani e tre meccani. Gli ebrei vennero sospettati di aver cospirato con il nemico. Durante l’assedio alcuni di essi erano già stati uccisi. Quando i meccani si ritirarono Maometto attaccò il quartiere dei Qurayza, che resistettero un mese. Alla fine si arresero senza condizioni. Gli uomini vennero tutti sterminati. Le donne e i bambini ridotti in schiavitù. Durante l’assedio un solo musulmano era stato ucciso da una donna con una pietra.I beni degli ebrei vennero attribuiti a Maometto che li diede agli emigrati dalla Mecca. Maometto, a 57 anni, prese come sua concubina l’ebrea Ruhaina, che poi si convertì all’Islam. Con lo sterminio dei Qurayza l’unità politica e religiosa di Medina giunse a compimento. Nel dicembre del 627 Maometto organizzò un attacco contro i Banu Mustaliq, una tribù nomade nell’area delle vie carovaniere dirette dalla Mecca verso la Siria.I Banu Mustaliq vennero sconfitti. Maometto sposò Guwairya, figlia del capo dei Mustaliq. All’inizio del 628 Maometto avviò dei negoziati segreti con i meccani, con l’intermediazione di al-Abbas, zio di Maometto. Nel febbraio del 628 Maometto si mise in cammino verso la Mecca insieme agli emigrati e ai fedeli medinesi. Pare che in un primo tempo Maometto avesse avuto intenzione di attaccare la Mecca, ma la defezione dei beduini lo avrebbe indotto a trasformare il significato della marcia in un pellegrinaggio.L’arrivo dei pellegrini provocò grave preoccupazione tra i meccani. Un contingente militare guidato da Halid ibn al-Walid venne inviato a controllare la situazione. I medinesi furono bloccati fuori della zona sacra dove potevano essere effettuati i sacrifici. Vennero avviate trattative.Otman, il genero di Maometto, entrò come ambasciatore in città. Intanto Maometto riuniva i suoi 1.400 pellegrini armati e li faceva giurare di seguirlo fino alla morte.Alla fine venne firmato un trattato di pace della durata di 10 anni. I musulmani sarebbero potuti entrare alla Mecca come pellegrini, senza armi, per tre giorni, a partire dall’anno seguente. Per quell’anno i musulmani furono autorizzati da Maometto a celebrare i riti sacrificali della umra fuori della zona sacra, sul campo di al-Hudaybiya, rivolgendo le loro preghiere in direzione della Mecca. Nel maggio del 628 Maometto si diresse con il suo esercito contro l’oasi di Haybar, a circa 150 chilometri a nord-est di Medina. Nell’oasi abitava una ricca tribù ebraica. I giudei si ritirarono nelle loro fortezze e resistettero a lungo, ma alla fine dovettero cedere. Gli ebrei ebbero salva la vita, persero i loro beni mobili, furono autorizzati a continuare a lavorare la terra con l’obbligo di versare ai musulmani la metà del raccolto. Non furono costretti a convertirsi. Un presidio musulmano fu lasciato sul posto per controllare la situazione. Maometto sposò l’ebrea Safiya, 17 anni, figlia di uno dei Qurayza massacrati a Medina, vedova di Kinana che aveva diretto la resistenza di una delle fortezze di Haybar. Kinana era stato torturato ed ucciso. Dopo qualche giorno venne sottomessa la comunità ebraica di Fadak, quella di Wadi al-Qurra, e quella di Tayma’, città ad oltre 300 chilometri a nord di Medina. Si stima che da queste oasi Maometto traesse una rendita annuale di almeno 32.000 quintali di datteri e cereali, che, sulla base di un consumo trimestrale di 2 quintali a testa, avrebbe consentito di mantenere almeno 4.000 uomini. I musulmani avevano trovato i mezzi economici per sostenere la propria potenza militare.Nel febbraio del 629 Maometto fece il pellegrinaggio alla Mecca con 2.000 uomini. Dovettero lasciare alle porte della città armi e cavalli. I meccani lasciarono la città e assistettero alle cerimonie da una collina. Maometto, 59 anni, si sposò con Maimuna bint al-Harit, sorella della moglie di al-Abbas e parente di Halid ibn al-Walid, e con Umm Habiba, figlia del potente Abu Sufyan. Il patto di al-Hudaybiya non resse a lungo. Con il pretesto della uccisione di un musulmano, tra l’altro in un incidente a carattere privato tra due tribù, il Profeta decise di riprendere la guerra contro la Mecca. Il 10 di Ramadan dell’anno IX dell’Egira (dicembre 629) Maometto uscì da Medina con 10.000 uomini. Per strada si aggiunsero 3.000 beduini di tribù alleate. La Mecca aveva subito un tracollo economico con l’interruzione delle vie carovaniere, ora controllate da Medina. I meccani non opposero resistenza. al-Abbas, appena convertito, uscì incontro a Maometto. Abu Sufyan, compreso che non c’era possibilità di difesa, negoziò con Maometto, si sottomise e chiese una amnistia per tutti i meccani che avessero abbandonato le armi. L’11 gennaio del 630 Maometto entrò alla Mecca alla testa del suo esercito di musulmani. Era una conquista politica e religiosa. Rivendicò il diritto del conquistatore a ridurre in schiavitù tutta la popolazione meccana. Poi la proclamò libera. Seguì un solenne giuramento con cui tutti i meccani si impegnarono ad obbedire ad Allah ed al suo Inviato. Maometto tuttavia non si fidò dei meccani e decise di tornare a Medina. Furono uccise solo una decina di persone indicate per nome dal Profeta. Maometto uscì dalla Mecca con un esercito di medinesi, beduini e meccani convertiti. Proclamò la guerra santa contro gli infedeli e si diresse contro la città di at-Ta’if. Gli Hawazin, il clan più forte dei Taqif, gli abitanti di at-Ta’if, organizzarono la difesa. Lo scontro avvenne a Hunayn. Vinsero i musulmani. Gli Hawazin furono sterminati, compresi i bambini. Maometto dovette intervenire per interrompere la strage degli innocenti. I superstiti si convertirono all’Islam. Gli abitanti di at-Ta’if si rifugiarono in città. Maometto lasciò a dirigere l’assedio Abu-Sufyan. Infine gli abitanti della città mandarono una ambasceria a Medina e conclusero la pace sottomettendosi ad Allah e a Maometto. Nell’autunno dell’anno IX dell’Egira (629-630) Maometto preparò la campagna contro Tabuk nel nord della penisola arabica, ai confini con l’impero bizantino. Un esercito di 10.000 uomini si mise in marcia. Gli abitanti di Tabuk, greci ed arabi, abbandonarono la città prima dell’arrivo di Maometto. Dopo 10 giorni i musulmani ripresero la via di Medina. Il successo dell’impresa accrebbe il prestigio del Profeta. Ambasciatori arrivarono da ogni parte dell’Arabia per concludere trattati di amicizia. Anche due vescovi cristiani, Ukadir di Dumat al-Gandal e Yohanna ibn Ruba di Aila, conclusero un accordo: avrebbero pagato un tributo in cambio del diritto di continuare a professare la loro religione e della possibilità di mandare carovane verso lo Yemen. Le tribù che si sottomettevano evitavano la jihad, la guerra santa. Si dovevano convertire all’Islam e dovevano pagare un tributo. Maometto inviava un ‘amil, che assumeva le funzioni di capo della preghiera (iman), di addetto alla conversione e di esattore dei tributi. La ricchezza affluiva a Medina e veniva reinvestita nella politica di conquista. Maometto continuò a vivere in povertà, tra le lamentele delle sue numerose mogli. In pochi anni le tribù arabe settentrionali si sottomisero: – nel 628 i Quda’a, dopo una azione militare; – nel 630 i Tamin del Nagd; i Banu ibn Wail, ai confini dell’Iraq; – nel 631 la tribù dei Qais-‘Ilan, che controllava la via carovaniera verso le oasi del nord; la tribù dei Tavy; la tribù dei Kinda; gli Udra e i Banu Hanifa, in parte già convertiti nel 628; – nel 632 i Muharib;infine i Gudam, acerrimi nemici di Maometto. Anche le tribù dello Higiaz centrale e quelle sudarabiche decisero di sottomettersi: – nel 628 gli Huza’a, a cui appartenevano i Banu Mustaliq; i Kinana, dopo la spedizione su Tabuk; – nel 630 i Sulaim, che si unirono ai medinesi nella marcia sulla Mecca; – nel 631 i Banu Harith, di pelle nera; i Banu ‘Amr ibdn Ca’sa’; i Murad; – le tribù cristiane del Negran ottennero di poter continuare nella loro fede, ma dovettero pagare un tributo. Una tribù dell’Oman aderì all’Islam nel 630. Rimasero fuori della influenza musulmana le tribù dello Yemen e dell’Hadramaut. Nel 631 Maometto non prese parte al pellegrinaggio alla Mecca. Venne sostituito da Abu Bakr alla guida di 300 medinesi. Nel marzo del 632, anno X dell’Egira, Maometto guidò il pellegrinaggio, accompagnato dalla moglie Aysha, dalla figlia Fatima e dal genero Alì. Era già malato e dovette far ripetere le sue parole alla folla dal muezzin Bilal. L’8 giugno del 632 (23 Rabi’I dell’anno XI dell’Egira) Maometto morì nella casa di Aysha, allora diciottenne. Si pensa ad una malattia causata dal clima umido di Medina. Venne sepolto nella stessa casa della morte. Aveva 62 anni. SEVERINO, romano (640) Figlio del romano Labieno succedette ad Onorio, in tempi relativamente brevi, probabilmente tre o quattro giorni dopo i funerali, ma la sua nomina fu tardiva, infatti arrivò dopo circa due anni, a causa di una nuova presa di posizione dell’ imperatore Eraclio che riavvocò a se il diritto di nomina del pontefice, esautorando di fatto l’ esarca di Ravenna Isacco che il governatore di Roma Maurizio, nella pronuncia del benestare imperiale. Infatti Severino si rifiutò di sottoscrivere l’ Ectesi ( nda: precedenti) a favore dell’eresia monotelita. Il Liber Pontificalis riporta la sua elezione il 28 maggio del 640, dopo il totale saccheggio del “tesoro” cristiano alacremente costituito e conservato dal suo predecessore. Il saccheggio fu causato dalle truppe sotto l’esarca di Bisanzio, in comune accordo con la soldataglia di Maurizio. In effetti per troppo lungo tempo, gli armigeri rimasero senza il pattuito compenso. La colpa fu addossata ad Onorio I al quale furono attribuiti tutti i malanni delle truppe ivi compreso la sparizione dei loro salari inviati allo stesso da parte dell’ impero d’ oriente. Ma la causa acclarata fu il dispendio di denaro perpetrato dai due “titolari” presso Ravenna e Roma, i quali non pensando di accappararsi anche i tributi per il mantenimento della truppa, non trovarono di meglio che scaricare la colpa su chi invece era riuscito ad amministrare bene i beni della comunità. Il 2 agosto dello stesso anno 640, Severino morì dopo solo due mesi di pontificato, probabilmente per le percosse ricevute durante il saccheggio al quale si oppose con tutte le forze. Fu sepolto in San Pietro. (nda: forse sarebbe una figura papale da rivalutare in quanto martire ma non menzionato nel martiriologio) |
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